Tommaso Nannicini, Sottosegretario Presidenza del Consiglio: “La riforma del mercato del lavoro deve accompagnare la ripresa occupazionale in modo che riparta da subito. L’obiettivo principale della riforma era anche quello di aumentare la qualità dell’occupazione, superando il dualismo tra protetti del mercato del lavoro e meno protetti, finte partite iva, finte collaborazioni. I dati sui contratti dell’Inps ci dicono che già questo obiettivo, nel primo anno, ha avuto una risposta forte perché l’occupazione, sia pure lentamente per la fase del ciclo economico, è ripartita e soprattutto è ripartita l’occupazione stabile, i contratti a tempo indeterminato che stanno tornando ad essere la forma di ingresso standard nelle decisioni di assunzioni dell’impresa. L’esonero contributivo sul tempo indeterminato è una misura congiunturale perché le imprese tornino ad investire sui contratti stabili. Il punto è cosa ci sarà dopo, già la Stabilità ha rinnovato l’esonero contributivo solo per 24 mesi non per 36. Subito dopo si aprirà la sfida di come rendere strutturale una qualche forma di taglio sul cuneo contributivo del tempo indeterminato” .
I posti di lavoro sono aumentati lievemente, ed il risultato principale della coppia Jobs Act–decontribuzione è per il momento una virata sul tempo indeterminato, piuttosto che un boom di posti di lavoro. C’è dunque la possibilità che, allo scadere dei tre anni di decontribuzione, le aziende tornino ad assumere a tempo determinato?….
Alessio Gramolati, Responsabile coordinamento politiche industriali Cgil: “Il rischio di tornare ai contratti a tempo determinato c’è. Il punto è che, nonostante il volume di risorse messe a disposizione di questo strumento, il risultato non è tale da portarci ai livelli pre-crisi. Rispetto alla situazione che avevamo nel 2007 mancano circa 600mila posti, è un grande dramma. Penso che i dati dell’ultimo quadrimestre ci dicono che siamo molto lontani da quello che sarebbe necessario e le stime dell’Ocse segnano in maniera profonda le aspettative del Paese: siamo passati da una crescita dell’1,4 all’1 %, naturalmente dobbiamo adoperarci tutti che questo non accada”.
Alessandra Tibaldi, Sindacalista Fiom-Cgil: “Con l’introduzione del Jobs Act non si è intervenuti sull’allargamento delle opportunità occupazionali ed anche i dati, che ci dicono dell’aumento dei posti di lavoro a tempo indeterminato, in realtà si traducono in un travaso di contratti che prima erano collaborazioni a contratti con tutele crescenti su cui ha influito la decontribuzione. Ma la platea degli occupati resta assolutamente deludente. Siamo in linea con un trend di crisi che ci accompagna dal 2008. Riguardo agli ammortizzatori sociali abbiamo coperture più esigue negli importi e ridotte nella durata. I contratti di solidarietà costeranno di più alle aziende. Mancano anche investimenti di politica industriale”.