“Se il lungo vertice di ieri notte non avesse rinviato il capitolo della crescita sarebbe stato meglio per tutti. Si può fare la più bella riforma del mercato del lavoro del mondo, e non è detto che si faccia, ma questa da sola non crea un solo posto di lavoro. L’urgenza del Paese è quella di porsi il tema di come ripartire. Il sistema produttivo è stato messo in naftalina e aspettare ancora significa provocarne un ulteriore logoramento”.
Così il segretario generale della Cgil Susanna Camusso esordisce a Eunomia Master 2012, corso di alta formazione politico istituzionale promosso dall’Associazione Eunomia e ospitato a Villa Morghen a Settignano (Fi). Il numero uno della Cgil partecipa nell’inedita veste di ‘prof’ alla lezione “Lavoro. Quale futuro?” insieme all’ex ministro del Welfare e oggi vicepresidente della Commissione lavoro in Senato Tiziano Treu (Pd).
Tra i temi affrontati in aula, l’articolo 18. “Sull’articolo 18 continuo a pensare che ci sia una polemica inventata e costruita ad alibi e giustificazione di scelte politiche non fatte. L’articolo 18 è una delle poche cose che hanno davvero effetto deterrente contro i licenziamenti per ingiusta causa e contro gli abusi e l’arbitrio. Non è una battaglia di retroguardia. L’articolo 18 prescinde dal tema del posto fisso, non c’è nessuna relazione: una cosa è un illegittimo licenziamento, altra è l’idea che il lavoro cambi piu volte nella vita”.
Il segretario della Cgil, rispondendo alla domanda di una corsista proveniente da Iglesias, interviene sulla vertenza Alcoa di Portovesme: “L’azienda se ne va perchè il Paese non ancora una politica energetica. Se le aziende energivore in Italia pagano l’energia il 30-35% in più rispetto a quanto lo pagano Oltralpe, è chiaro che non abbiamo una crisi di prospettiva produttiva del settore ma una crisi di infrastrutture che stanno alle spalle di quel settore. Mentre continuiamo ad aspettare un piano energetico nazionale, le aziende guardano altrove, fuori dal Paese”.
Sul part – time: “Oggi abbiamo sei o sette forme diverse di part – time e una diffusione sempre più grande del part time involontario: imposto, non scelto dai lavoratori. Siamo arrivati a un part – time di 12 ore come norma regolare: è chiaro che non permette la sopravvivenza e garantisce la certezza di non avere una pensione, con la ‘brillante’ riforma delle pensioni che è stata fatta. Metterci mano è un modo per ricordarsi che c’è una stretta relazione tra lavoro, possibilità di mantenersi e autonomia”.