Il professore di Scienza politica all’Università Luiss “Guido Carli” interviene a Eunomia Master. Su Renzi: “Difficile non pensare che con lui sarebbe finita in un altro modo”
“Il Movimento 5 Stelle? È la risposta più razionale alla sordità dei partiti sulla riforma della politica. Ha arginato gli estremismi di destra della Grecia e potrà avere efficacia di governo”. Lo afferma Leonardo Morlino, professore di Scienza politica all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma e presidente del Comitato scientifico di Eunomia, intervenendo a margine di una lezione del Master, in corso a Villa Morghen a Settignano.
Sotto la lente, il risultato del voto di domenica 24 e lunedì 25 febbraio e in particolare l’exploit del Movimento 5 Stelle guidato da Beppe Grillo. “Quella che esce dalle urne – spiega Morlino – è un’Italia sorprendente per le dimensioni del partito di protesta. Ma è un esito per certi aspetti comprensibile. Il successo del Movimento 5 Stelle è la risposta più razionale e ovvia alla sordità dei partiti tradizionali che durante l’anno del governo dei tecnici hanno disatteso totalmente gli impegni presi in materia di riforma della politica”.
A chi gli chiede se il Movimento 5 Stelle sia adatto a governare il Paese, il professor Morlino risponde: “Se non lo è, lo potrà sicuramente diventare. Il Movimento 5 Stelle è un partito, è stato eletto, oggi ha molti parlamentari. L’unico problema – prosegue il professore – è che si trova in una situazione di passaggio. Ha infatti elettori sia di destra che di sinistra, che oggi si sono messi in uno spazio ambiguo, di protesta. Il Movimento è adesso di fronte a un bivio: potrà acquistare efficacia governativa o sbandare. Nei prossimi mesi si conoscerà il suo futuro”. Di sicuro ai ”grillini”, secondo Morlino, va riconosciuto il merito di “aver frenato la crescita di una destra estrema radicale e gli scontri avvenuti in Grecia, con il loro carattere di movimento di protesta civile e ordinata”.
Con Matteo Renzi alla guida, il centrosinistra avrebbe ottenuto un risultato diverso? “E’ difficile non pensare che con Renzi sarebbe andata a finire in maniera differente. Berlusconi – spiega il professore – si è presentato come un leader messo da parte dal governo dei tecnici. Il Pdl nell’era Monti aveva infatti la faccia di Alfano. Così Berlusconi si è potuto riproporre a questa tornata elettorale come il volto di un nuovo Pdl, un ‘Pdl 2’. Bersani non ha potuto fare lo stesso, perchè è stato lui a sostenere i tecnici. Quindi in questa competizione ha sicuramente avuto un handicap”.